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Si consolida nella giurisprudenza l'orientamento che ritiene discriminatoria la norma del CCNL che include nel calcolo del periodo di comporto le assenze di persone con disabilità, legate alla loro patologia.
Il Tribunale di Mantova, Sez. Lavoro, con sentenza del 22 settembre 2021 (a questo link) ha confermato l’illegittimità del licenziamento intimato a un dipendente per superamento del periodo di comporto, che includeva anche la malattia legata alla sua invalidità.
Il datore di lavoro aveva computato ai fini di tale periodo le assenze del dipendente, motivate da cure necessarie per curare la propria malattia invalidante, poiché la norma del CCNL Metalmeccanici Industria non distingueva i diversi tipi di malattia.
Il Tribunale di Mantova ha ritenuto che tale clausola collettiva sia da ritenersi discriminatoria poiché in violazione della direttiva 78/2000/CE e del D.Lgs. 216/2003.
Il D.Lgs 216/03, che ha recepito la direttiva comunitaria 78/2000/CE, vieta le discriminazioni e distingue tra discriminazione diretta (quando una persona viene posta in una situazione meno favorevole di un'altra) ed indiretta (quando l’adozione di un criterio “apparentemente neutro” finisce per porre alcuni lavoratori in una posizione di svantaggio rispetto agli altri).
L'art. 2 del D.lgs. 216/2003, in particolare, individua una discriminazione indiretta allorché “una
disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri
possono mettere le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le
persone portatrici di handicap, le persone di una particolare età o di un orientamento sessuale in una
situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone”.
Più in particolare il Tribunale ha ritenuto che il conteggio nel periodo di comporto della malattia riconducibile allo stato di invalidità del lavoratore, determinasse una discriminazione indiretta, tale da provocare la nullità del licenziamento fondato sulla suddetta previsione contrattuale.
Ai fini della irrogazione di un licenziamento, concepire per un soggetto disabile contraddistinto da una permanente grave patologia, il medesimo periodo di comporto previsto per un soggetto non afflitto da handicap, contrasta apertamente con i corollari del principio di parità di trattamento per cui situazioni diverse meritano un trattamento differenziato e configuri quella discriminazione indiretta di cui alla direttiva 2000/78/CE.
Altro aspetto importante rilevato dal Giudice del Lavoro consiste nel fatto che la discriminazione indiretta, come quella diretta, opera in modo oggettivo, non rilevando in alcun modo l’intento soggettivo di colui che pone in essere la discriminazione.
Afferma il Giudice: "Pertanto a prescindere dalla conoscenza che il datore di lavoro abbia o meno dello stato di handicap, deve essere comunque eliminato l’effetto di una discriminazione anche indiretta indipendentemente dall’applicazione apparentemente neutra di una norma di diritto o negoziale o di una prassi laddove la stessa ridondi in un trattamento deteriore per il portatore di handicap.”
In esito al giudizio il Tribunale di Mantova ha pertanto confermato l'Ordinanza resa nella fase sommaria, dichiarando nullo il licenziamento.