Ci serviamo dei cookie per diversi fini, tra l'altro per consentire funzioni del sito web e attività di marketing mirate. Per maggiori informazioni, riveda la nostra informativa sulla privacy e sui cookie. Può gestire le impostazioni relative ai cookie, cliccando su 'Gestisci Cookie'.
Gli emoticon entrano nelle aule dei Tribunali ed, addirittura, possono avere un ruolo decisivo nella soluzione della causa.
Il Tribunale di Parma doveva decidere se le espressioni ingiuriose usate da una dipendente in una chat tra colleghe di lavoro, dovevano considerarsi "più canzonatorie che offensive" e quindi non punibili con la sanzione del licenziamento.
Le conversazioni tra colleghe contenevano commenti denigratori nei confronti del datore di lavoro che, venutone a conoscenza, aveva fatto scattare il licenziamento per giusta causa.
Di diverso avviso il Tribunale di Parma che con la sentenza n.237 del 7 gennaio 2019 ha ritenuto "umoristico" il tono complessivo delle conversazioni.
In altre parole, anche se i commenti espressi dai dipendenti nella chat "manifestavano astio e scarsa stima nei confronti del datore di lavoro", le "faccine", secondo il Tribunale di Parma, attenuavano la portata offensiva dei messaggi. Un modo per sfogarsi, insomma, utilizzando secondo il giudice un linguaggio "disinvolto e volgare che caratterizza ormai la comunicazione sui social network".
Bisognerà vedere ora se la Corte di Appello condividerà le argomentazioni dei Tribunale, che appaiono alquanto "scivolose", frutto di una interpretazione molto personale del giudice.
Chissà se un giorno vedremo le "faccine" anche nelle sentenze dei giudici...