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Il datore di lavoro non può addebitare al dipendente i costi della pratica della cessione del quinto - Avv. Arturo Strullato

  • 11/11/2022

Il datore di lavoro non può addebitare i costi ammistrativi della pratica di finanziamento del dipendente in quanto fa comunque parte della gestione del rapporto di lavoro in senso lato. 

Così si è espresso il Tribunale di Milano, con una sentenza del 11 ottobre 2022 (a questo link) che ha confermato un orientamento già fatto proprio dalla Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 25 marzo 2021.

Il caso specifico.

Un datore di lavoro, quale rimborso per la gestione della pratica della cessione del quinto dello stipendio, addebitava ai dipendenti che ne avevano fatto richiesta la somma di 15 euro al mese. Su ricorso dei lavoratori, il Tribunale di Milano ha stabilito che tale addebito era del tutto illegittimo.

Si legge nella sentenza, infatti, che "La scritturazione in busta paga della cessione del quinto e la correlata gestione, pur non ricorrendo in tutti i rapporti di lavoro, costituisce uno degli adempimenti accessori più tipici (regolamentata, peraltro, da apposite e risalenti previsioni normative) al pari delle scritturazioni connesse alle assenze per malattia, al godimento di permessi parentali, alla fruizione dei benefici di cui alla Legge 104/1992: si tratta, nel complesso, di adempimenti tutti necessitati dall’esercizio di specifici diritti di cui i prestatori di lavoro sono titolari. Sotto questo profilo, del tutto corretto quanto osservato da parte convenuta circa il fatto che il datore di lavoro non si può sottrarre agli adempimenti e deve subire le conseguenze derivanti dalle determinazioni (cessione quinto, maternità/paternità) o condizioni (malattia, disabilità, fruizione benefici Legge 104/1992) del dipendente: gli oneri di questi medesimi adempimenti, proprio in quanto discendenti dal rapporto di lavoro in essere e dalle peculiarità che gli sono proprie, non possono che gravare sul datore di lavoro che -rispetto agli stessi- è la sola parte onerata".

Conclusioni.

Il Tribunale di Milano ritiene quindi che tali costi rientrano nell’ordinaria attività di un’impiegata amministrativa addetta alla gestione delle pratiche del personale dipendente e che, in ogni caso, la società avrebbe dovuto dimostrare l’aggravamento della gestione degli incombenti amministrativi, vale a dire la necessità di ricorrere alla prestazione di ulteriori risorse, ovvero allo straordinario di quelle già assunte, a causa della maggiore gravosità e del maggior costo degli adempimenti.