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Le condotte "mobbizzanti" del datore di lavoro o di un suo preposto nei confronti del dipendente possono configurare il reato di "lesioni personali" previsto dall'art. 590 del Codice Penale.
Così ha chiarito la Corte si Cassazione, Quarta Sezione Penale, nella sentenza n.44898/2018 (a questo link).
Nel caso specifico il datore di lavoro aveva commesso nei confronti del dipendente una serie di comportamenti vessatori e persecutori, sia attraverso ingiurie che mediante pressioni per lo svogimenti di attività lavorative mentre il dipendente era in malattia e continue e ripetute contestazioni disciplinari spesso pretestuose.
Il dipendente aveva quindi mostrato i segni di una "sindrome ansioso depressiva su base reattiva", poi aggravatasi in un disturbo depressivo cronico.
In questo caso, quindi, accertato il c.d. nesso eziologico e l'assenza di cause diverse, la Corte di Cassazione ha affermato che la condotta del datore di lavoro può ricondursi al reato punito dall'art. 590 C.P. per lesioni colpose.